La viola di Sara, di Francesco Montonati
Sara è una protagonista come piace a me: insopportabile. Protagonisti dei quali segui con trepidazione le peripezie non perché ci sia una qualche identificazione ma perché, al contrario, vorresti dargli due sberle ben assestate. Non a caso, il mio incipit preferito è quello di “Come Dio comanda” del sempre inarrivabile Ammaniti.
Ne “La viola di Sara” l’autore dà a questa protagonista quello che in gergo si chiama “ghost”, un passato doloroso e autentico che può spiegarne (ma a mio avviso non giustificarne) il comportamento.
La bravura dell’autore si esprime anche nell’immergere il lettore nella personalità contradditoria, crudele e autolesionista di questa brillante artista. Perché se, dal mio punto di vista, il primo grande pregio di una lettura è generare emozione, il secondo è quello di insegnare qualcosa di nuovo al lettore in modo non didattico. Grazie a questo romanzo ho imparato a conoscere la “viola da gamba” e mi sono ritrovata immersa in un’atmosfera molto simile a quella di “Mozart in the Junlge”. Io, che di musica classica comprendo davvero poco.
Francesco Montonati mi ha accompagnata insieme a Sara in scenari che spaziano da una Milano decadente a una Barcellona sontuosa, tra troppo vino, troppo sesso occasionale e un senso di colpa opprimente al punto di togliere – letteralmente- il respiro.
Una lettura fluida, scorrevole, priva di fronzoli, che regala anche citazioni da segnare sul diario delle frasi.
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“Non sono in grado di completare nessuno. Voglio solo essere libera. Libera di non deludere.
E forse sì, sola. Libera di sentirmi sola.”
Un viaggio interiore quello di Sara, compiuto con accanto personaggi carismatici, professionisti, persone buone e pazienti, che la aiutano e la sostengono anche quando lei dimostra di essere incapace di dare a loro lo stesso sostegno, empatia o perfino uno straccio di spiegazione.
E, va da sé, che avrei voluto che incontrasse più persone come il giovane che, tra le lenzuola, le risponde “I’m not a fucking therapist“. Dieci minuti di applausi.
“Da quando sono partita, ho capito che vivere senza speranza è come essere già morta”.
Alcuni libri ci scelgono, così come i loro autori. Oppure è il contrario.
Ho conosciuto Francesco Montonati tramite il suo blog: acuto, professionale, ironico. L’ho voluto come giurato alla VII edizione del Premio Città di Ciampino, proprio per queste sue doti. E ho aspettato di acquistare “La viola di Sara” al Salone del Libro di Torino, durante una presentazione divertente e fuori dagli schemi. Così ho prima scoperto l’ottimo professionista, poi lo scrupoloso giurato e a seguire il camaleontico anchorman. In ultimo, il talentuoso autore al quale faccio i miei più sinceri complimenti.